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venerdì 1 ottobre 2010

SMANTELLARE LE IMMAGINI COSTRUITE DALLA MENTE



Cominciare a ridurre, gradualmente, l'attaccamento all'immagine significa innanzitutto entrare nell'idea che non siamo quell'immagine che ci hanno raccontato e che continuiamo a raccontarci dopo tanto tempo. Ciò significa cominciare a preparare uno spazio mentale che possa, in futuro, essere un crogiolo così resistente da reggere il calore della fusione della propria immagine di sé.
La fusione della propria immagine è un processo lento, lungo e pericoloso.
E' un processo necessariamente lento, perché significa lavorare sulla propria identità e questa va toccata con estrema delicatezza.

Incidere sul senso della propria identità non è un'operazione psicoterapeutica (cioè una semplice ristrutturazione dell'immagine), ma appartiene al livello di un cammino interiore, che si effettua unicamente a passi lenti e costanti. Inoltre, se pensiamo a tutti gli automatismi che proteggono costantemente l'immagine di sé, come tanti sofisticati antifurti, possiamo pensare al tempo ed alla cura che occorrono per disinnescarli tutti.


E' un processo lungo perché una immagine costruita in 25 anni di 'lavoro inconsapevole' non si trasforma con 6 mesi di lavoro consapevole, (come qualcuno, invece, continua a credere), ma occorre molto di più. La durata del lavoro è dovuta anche al fatto che ci si occupa di paura. La paura che si incontra nel momento in cui cominciamo a demolire l'immagine di noi stessi è quella di andare in pezzi ed è una emozione paralizzante, per cui occorre avere la pazienza dei tempi lunghi. La difficoltà maggiore è che questo lavoro va esteso a tutte le dimensioni della propria vita, altrimenti si continua a sgretolare l'immagine in un posto ed a ricostruirla in un altro.

Solitamente, uno studente impiega alcuni anni solo per imparare questo.
E' un processo pericoloso, perché non è un percorso che si può fare da soli, o con le persone sbagliate, perché le conseguenze sarebbero gravi: se pensiamo a quanto l'immagine di sé protegga dalla paura di andare in pezzi, il contenitore che si sceglie per un lavoro simile deve essere necessariamente robusto ed affidabile. Ciò anche perché per riuscire a fondere completamente l'immagine di sé, originata nella prima infanzia, occorre tornare ad essere un po' piccoli ed indifesi come si era allora, solo che questa volta è un percorso consapevole, che proprio per questo può risultare un viaggio meraviglioso.


Un potente sostegno al tentativo di scardinare la prigione dell'immagine di sé è dato dall'uso costante della meditazione. Meditando con costanza si indebolisce gradualmente la modalità duale, tipica della logica, che tanto rinforza i confini della propria immagine, per cominciare a sviluppare un'attitudine all'interezza.
Infatti, mentre la logica ci induce a pensare "questo è buono e lo prendo, questo è cattivo e lo lascio", la meditazione impone un semplice ascolto di ciò che esiste dentro di noi, insegnandoci a riconoscere, ad accogliere e ad accettare tutto ciò che incontriamo durante il tempo della meditazione: i "cattivi pensieri" diventano i "nostri cattivi pensieri", per poi divenire, ad esempio, le fantasie aggressive di quando ci sentiamo schiacciati, e così via, fino ad esplorare a ritroso tutti i passaggi che possono portare alla produzione di qualcosa di "cattivo".


Con la meditazione impariamo ad uscire dalla logica del "buono e cattivo", per aprirci ad uno spazio dove la logica non ha accesso, e dove incontriamo il regno delle immagini più svariate, dalle combinazioni più varie.
Più in particolare, esiste una meditazione assai efficace per cominciare a stemperare i rigidi confini dell'immagine di sé: ci sediamo in posizione facile e cominciamo a cercare le nostre caratteristiche personali. Ogni volta che ne compare una, recitiamo dentro di noi "sia questo che quello; né questo, né quello": ad esempio, so di essere una persona tollerante e comincio a ripetere dentro di me: "sono tollerante...non sono tollerante... non sono né tollerante... né intollerante". Logicamente, tutto ciò è confusione, mentre, ad un altro livello, porta ad ampliare le nostre vibrazioni al di là dell'immagine di noi stessi.



Un altro modo per ridurre l'attaccamento alla propria immagine consiste nell'imparare a giocare con questa, cioè a prendersi in giro ed a consentire che gli altri possano prenderla in giro: riuscire a ridere di cuore della propria immagine è un'arte sacra e preziosa.
Per questo ultimamente in Associazione ha fatto la comparsa la satira: è un modo sottile per smontare costantemente l'immagine che la mente va costruendo ed ha un altro enorme vantaggio: fa sorridere.

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